Educazione terapeutica: una sfida per la pedagogia.  Maria Paola Mostarda

Educazione terapeutica: una sfida per la pedagogia

Por Maria Paola Mostarda

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Sinopsis

Il volume prende le mosse da alcuni cambiamenti epocali che hanno investito la salute dei cittadini, soprattutto nelle aree economicamente avvantaggiate del pianeta e che hanno modificato l’aspettativa di vita, i sistemi sanitari, l’efficacia diagnostica e terapeutica[1]. Accanto ai dati di innegabile valore per la salute delle persone, gli osservatori rilevano un preoccupante aumento di malattie croniche che allarmano i governi nazionali, tanto che nel 2011 i leader mondiali hanno sottoscritto una risoluzione per la prevenzione delle malattie croniche[2]. Nonostante ciò, i dati registrano che le persone affette da tali patologie continuano ad aumentare ovunque nel mondo[3]. L’ONU non esita a definire il problema della cronicità con toni allarmanti e a proporre strategie radicalmente innovative. Mutate le condizioni delle cure, dei curanti e dei curati, tutti gli attori del sistema sono chiamati a modificare approcci e metodi tradizionali. Uno fra questi invita a guardare al paziente prima che alla sua malattia, alla persona prima che ad una diagnosi troppo spesso monodimensionale, alle sue abilità oltre che ai suoi limiti per avvalorare le sue capacità di gestione del processo terapeutico con la maggiore autonomia possibile. Istituzioni sanitarie, linee guida, piani nazionali, società scientifiche, ricercatori, ospedali, servizi territoriali, associazioni di volontariato e società civile sono coinvolti in un processo profondamente trasformativo per curare i soggetti che convivono con una malattia per lunghi periodi della vita. Nel 1998 l’OMS ha avvertito l’esigenza di riconoscere questo approccio e ha sancito l’educazione terapeutica[4]. Intraprendendo la strada pedagogica, la massima istituzione mondiale ha suggerito che, per raggiungere risultati visibili, sia largamente insufficiente informare il paziente, consegnargli un dépliant, illustrargli una linea terapeutica e rimproverarlo se non si attiene scrupolosamente. Il processo educativo concorre alla salute e – come ogni educazione che si rispetti – deve mettere l’educando al centro, stimolarne la consapevolezza e supportare le capacità residue. Sanità, da lato, ed educazione, dall’altro, sono invitate ad integrarsi per realizzare un’alleanza terapeutica. Le società scientifiche chiamano l’educazione a cooperare; i curanti interpellano i pedagogisti; i professionisti trovano strategie per promuovere l’empowerment delle persone malate; le istituzioni coinvolgono le associazioni di pazienti in alcuni processi decisionali. Il personale sanitario, che si è formato per curare, deve ora educare i pazienti ad auto-curarsi. L’educazione terapeutica impone una revisione profonda di saperi, ruoli, sistemi di cura, approcci, protocolli, relazioni, sistemi formativi. Ribalta poteri consolidati, avvicina ruoli un tempo asimmetrici, coinvolge attori nuovi, personalizza il piano di cura. Tale processo assume un immenso valore e, al contempo, schiude ad una nuova relazione tra campi disciplinari e mondi che si erano sviluppati all’insegna della massima estraneità. La complessità delle questioni impone la collaborazione di tutti e la disponibilità nel condividere le competenze migliori per fronteggiare una sfida che riguarda la salute della popolazione mondiale e le risorse dei sistemi sanitari. I processi di cronicizzazione delle patologie coinvolgono le scienze dell’educazione che trovano in questo settore forse l’ambito più prezioso da coltivare per la vita umana: la salute, il benessere e la qualità della vita nella convivenza con le malattie croniche. Tratto dalla Introduzione dell'Autore

Maria Paola Mostarda