Grandezza e decadenza di Roma  5 Augusto e il grande impero.  Guglielmo Ferrero

Grandezza e decadenza di Roma 5 Augusto e il grande impero

Grandezza e Decadenza di Roma

Por Guglielmo Ferrero

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Sinopsis

Ma se l’incendio della guerra si era così presto spento sulla aperta pianura gallica, pigliava forza invece e divampava e si dilatava, appiccandosi dall’una all’altra vallata, nelle Alpi. Publio Silio, dopo avere liberata la Istria da Pannoni e da Norici, era sceso nella valle del Po e si era recato a combattere nella Valtellina e nella Val Camonica gli insorti Vennoneti e Camunni. Ma altri popoli, trascinati dall’esempio dei Vennoneti, che avevan fama di essere una delle genti alpine più ardimentose, si erano levati in armi: i Trumplini, nella Val Trompia, le numerose tribù dei Leponzi che occupavano le moderne Alpi Lepontine, cioè tutte le valli italiane e svizzere sboccanti sul lago Maggiore e sul lago d’Orta; i Reti e i Vindelici, che con numerose e bellicose tribù occupavano la vasta regione dei Grigioni, del Tirolo, giù giù per la pianura bavarese sino al Danubio. Il centro delle Alpi era in fiamme; e se ad occidente l’incendio si era fermato al limite del grande vuoto fatto dalla spada romana nella valle dei Salassi, una onda di rivolta si propagava dal centro per l’ossatura della immensa catena, sino alle Alpi Cozie, dove il fedelissimo Donno era morto e gli era successo in tempi così torbidi il figlio Cozio, meno esperto e meno sicuro; sin tra le rozze e indomite genti liguri delle lontane Alpi marittime. Nelle vallate alpine si erano rifugiati tutti i logori avanzi delle razze che avevano abitata la pianura: Liguri, Iberici, Celti, Etruschi, Euganei; e là si erano mescolati, imbarbariti, sterminati a vicenda e difesi insieme contro gli invasori del piano e contro Roma, la quale non aveva fatte che rare e intermittenti apparizioni nel maggior numero delle vallate.

Guglielmo Ferrero