Berlusconi e Putin, basi ideologiche di una relazione speciale.  Andrea Volpe

Berlusconi e Putin, basi ideologiche di una relazione speciale

Por Andrea Volpe

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Sinopsis

Sin dalla nascita ufficiale dello Stato italiano, il 17 marzo 1861, il nostro paese ha coltivato relazioni politiche e commerciali molto vicine con la Russia. L’impero zarista riconobbe il neonato Regno d’Italia nel 1862 e risale all’anno successivo la stipula del primo accordo economico tra i due paesi.  Quali furono i fattori in grado di legare così strettamente e celermente due entità all’apparenza molto distanti tra loro? La prima risposta risiede, paradossalmente, proprio nella lontananza geografica. Per un’Italia minacciata nei propri interessi strategici da grandi imperi prossimi ai confini del Regno, come soprattutto l’Austria e dal 1871 anche la Germania, senza dimenticare la notevole influenza degli ottomani nel Mediterraneo sudorientale, l’immenso impero zarista era troppo lontano per suscitare timore e per rappresentare un reale pericolo all’integrità della nazione. Da qui, la nascita di un sentimento spontaneamente simpatetico nei confronti di una Russia percepita come utile strumento dapprima per esercitare pressione sui sopracitati imperi centrali e successivamente per quell’approvvigionamento di materie prime indispensabile per l’economia del paese, date le immense risorse naturalipresentinel territorio dello zar. Interessi commerciali e geopolitici risultavano dunque fortemente intrecciati nell’ambito di un avvicinamento diplomatico tra i due paesi a cui i russi parteciparono con notevole interesse. La recente guerra di Crimea, combattuta tra il 1853 e il 1856 dall’impero zarista contro Gran Bretagna, Francia, Regno di Sardegna e Impero ottomano, le quali quest’ultime avevano goduto dell’appoggio politico dell’Austria, si era conclusa per i russi con una disastrosa sconfitta che era risultata nell’impedimento per le navi da guerra dello zar di accedere al mar Mediterraneo.  L’accesso ai mari caldi rappresenta storicamente uno degli obiettivi strategici più importanti per la Russia, e la chiusura per le imbarcazioni russe del Bosforo e dello stretto dei Dardanelli, vie di accesso privilegiate al Mediterraneo,fu un colpo molto duro per il prestigio e l’influenzadel paese nello scacchiere internazionale. Ciò risultò in uno sforzo diplomatico intenso da parte della Russia per cercare di riallacciare rapporti amichevoli con i paesi vincitori della guerra di Crimea, con l’obiettivo di riguadagnare il libero accesso al Mediterraneo. L’Italia, in quanto erede di fatto del Regno di Sardegna, rientrava appieno nella strategia russa appena disegnata. Buoni rapporti con il Regno italiano erano ritenuti utili al paesetanto per rafforzare la propria posizione politica in Europa quanto per garantirenuovi e importanti sbocchi alle esportazioni di materie prime. Se le relazioni commerciali tra i due paesi furono immediatamente floride, i rapporti politici conobbero alti e bassi. La Russia riuscì abbastanza velocemente nel proprio intento di riavvicinarsi diplomaticamente alla Francia e alla Gran Bretagna, attraverso la stipula di accordi come la duplice intesa franco-russa del 1891 e l’entente anglo-russa del 1907, mentre l’Italia, in contrasto con la Francia per le dispute coloniali in Africa, siglò nel 1882 un’alleanza militare con Austria e Germania nota come ‘Triplice alleanza’.  L’ambiguità della politica estera italiana condusse però il paese a siglare, sin dal 1892, trattati segreti con la Francia, sino ad arrivare al Patto di Londra del 1915 che legò definitivamente l’Italia alle potenze dell’Intesa nella Prima guerra mondiale. Italia e Russia furono così alleate di guerra tra il 1915 e il 1917. Dopo l’uscita dei russi dal conflitto e la rivoluzione bolscevica, gli italiani si divisero sul destino della Russia nel periodo in cuiquest’ultima fu dilaniata dalla guerra civile. Mentre la classe dirigente liberale e le élite economiche sostennero i Bianchi, nostalgici dello zarismo, la classe operaia guardò con estremo favore ai Rossi comunisti nella speranza di un contagio rivoluzionario che riguardasse anche il nostro paese. I disordini del Biennio Rosso, che culminarono con l’occupazione delle fabbriche, generarono forti timori sull’imminenza di una rivoluzione comunista in Italia.  La controrivoluzione nazionalista e conservatrice promossa dal partito fascista di Benito Mussolini e appoggiata dalla monarchia, dalla Chiesa e dalle élite economiche prese però il sopravvento in seguito alla marcia su Roma dell’ottobre 1922, scongiurando definitivamente la minaccia bolscevica nel nostro paese. Mussolini riconobbe la neonata Unione Sovietica nel 1924, ma i rapporti diplomatici rimasero freddi almeno sino al 1939, anno in cui attraverso il Patto d’acciaio italo-tedesco e il Patto nazi-sovietico Molotov-Ribbentrop, tra Italia e Urss sembrò profilarsi uno scenario di collaborazione nella Seconda guerra mondiale. In realtà, l’invasione tedesca dell’Urss nel giugno 1941, mise i due paesi l’uno contro l’altro. Il velleitario e improduttivo intervento italiano in Urss si concluse rapidamente con la caduta del fascismo e l’armistizio.  Nel 1944, i rapporti diplomatici ripresero con vigore soprattutto grazie al ruolo del Partico Comunista italiano e del suo leader Palmiro Togliatti, il quale, rientrato in Italia dopo un lungo esilio in Russia, collaborò alla restaurazione del regime democratico in Italia, spegnendo sul nascere ogni velleità rivoluzionaria. Le esigenze della Guerra Fredda, con la divisione dell’Europa tra USA e Urss in blocchi contrapposti, ma fondamentalmente stabili, ponevano indiscutibilmente l’Italia sotto la sfera d’influenza americana senza che vi fossero particolari recriminazioni in merito da parte sovietica. Il ruolo di opposizione del PCI, dopo una breve esperienza di condivisione con le forze moderate di responsabilità di governo, fu molto importante per la vitalità e il funzionamento della democrazia italiana nel periodo della Prima Repubblica e consentì di mantenere un importante canale di comunicazione tra il nostro paese e l’Unione Sovietica.  I rapporti commerciali restarono molto importanti e, a partire dagli anni Cinquanta, molte aziende italiane, tra cui principalmente la FIAT, investirono cospicui capitali in Urss, incrementando notevolmente il livello di collaborazione economica tra i due paesi, il quale culminò nel progetto della ‘Camera di commercio italo-russa’ che ancora oggi rappresenta un punto di riferimento importante per l’interscambio economico. Nonostante la distanza geografica e ideologica tra Italia e Urss, il ‘Made in Italy’ e la cultura italiana in generale risultavano molto attraenti presso il popolo sovietico e i contatti umani, culturali e commerciali si fecero sempre più intensi a partire dagli accordi di Helsinki del 1975, con cui le potenze europee occidentali e l’Urss, legate in un forum informale di dialogo denominato CSCE (oggi OSCE), decisero di allentare notevolmente le divisioni esistenti tra il blocco liberale e quello comunista.  La crescente consapevolezza orientale del benessere economico e delle libertà politiche presenti in Occidente condussero alle rivolte democratiche che furono alla base della caduta del muro di Berlino nel novembre 1989 e al collasso dell’Urss due anni più tardi. L’esperimento democratico e capitalista della nuova Russia di Boris Yeltsin generò favore e simpatia in un’Italia a sua volta alle prese con gli sconvolgimenti politici che nel 1994 portarono alla caduta della Prima Repubblica e alla nascita di nuove forze politiche che ebbero nella figura di Silvio Berlusconi il loro principale punto di riferimento. Dopo una prima, breve esperienza di governo a capo delle fazioni di centro-destra nel 1994, a partire dal 2001 e per l’intero decennio seguente, Berlusconi fu in grado di dominare la politica italiana e di stabilire, nella sfera internazionale, fortissimi legami diplomatici con una Russia nel frattempo passata dalla leadership di Boris Yeltsin a quella di Vladimir Putin. Ed è qui che la nostra sintesi sulla storia delle relazioni italo-russe si ferma.  La storiografia sui rapporti tra i due paesi ha spesso descritto gli anni in cui Berlusconi e Putin sono stati contemporaneamente a capo dei loro paesi come il punto più alto della storia delle relazioni italo-russe. Mai in passato due leader di Italia e Russia avevano goduto di rapporti personali così stretti e profondi. Scopo dell’analisi e della ricerca di questo testo è dunque quello di rispondere a una serie di domande: cosa ha reso la relazioni tra Berlusconi e Putin così speciali, tanto da condurre i due paesi a livelli di collaborazione politica ed economicasenza precedenti? Quali sono stati gli interessiin comune tra i leader e quali le eventuali affinità ideologiche? La scelta metodologica alla base della stesura di questo lavoro è stata quella di lasciar parlare direttamente i protagonisti, per un racconto senza filtri né ipocrisie che possa permetterci di scoprire la reale essenza della relazione tra due leader di cui tanto si è discusso, ma su cui la storiografia ha il dovere di cominciare a fornire delle risposte chiare.  Il testo in essere è diviso in quattro parti. La prima è dedicata a una breve elencazione degli eventi fondamentali che hanno segnato la vita dei due protagonisti dell’opera. La seconda e più importante sezione è dedicata all’esposizione degli interventi pubblici politicamente più significativi dei due leader, in modo da poterne tracciare un adeguato profilo politico e ideologico. La terza parte è invece specificamente dedicata al rapporto personale tra i due personaggi nel contesto internazionale e delle relazioni bilaterali, mentre la quarta e ultima sezione illustra le principali considerazioni che importanti esponenti della politica, dell’informazione e della cultura di Italia e Russia hanno voluto esprimere sui due leader in esame. Le fonti di questo lavoro, come naturale per opere di questo genere, sono basate principalmente sugli archivi dei grandi giornali nazionali e internazionali. Per ovvie ragioni di comodità dal punto di vista linguistico, grandi testate italiane come Repubblica, Corriere della Sera, la Stampa, il Messaggero, il Giornale sono risultate preponderanti nella ricerca, ma non mancano contributi provenienti da testate internazionali come l’agenzia Reuters, il New York Times, il Telegraph, Washington Post e vari organi d’informazione russi. Oltretutto, la visione di importanti documentari televisivi dedicati ai leader, come ‘My Way’ di Alan Friedman, l’intervista a Putin di Oliver Stone e programmi di notevole interesse come alcuni realizzati dalla piattaforma ‘History’ sono risultati altrettanto importanti. Per la realizzazione di questo lavoro, ringrazio la facoltà di Scienze Politiche dell’Università La Sapienza, che attraverso l’erogazione di una borsa di dottorato mi consente di portare a termine dispendiose ricerche in merito ad argomenti storico-politici che rappresentano da sempre una grande passione, prima ancora che un lavoro, per il sottoscritto. Andrea Volpe  

Andrea Volpe