Grandezza e decadenza di Roma 4 La repubblica di Augusto.  Guglielmo Ferrero

Grandezza e decadenza di Roma 4 La repubblica di Augusto

Grandezza e Decadenza di Roma

Por Guglielmo Ferrero

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Sinopsis

Si riviveva, alla fine! Da ogni parte la tremenda procella sgombrava l’atmosfera, fuggiva, spariva all’estremo orizzonte; in alto, a destra, a sinistra il cielo si rasserenava, immensi squarci azzurri brillavano, promettitori di pace e di gioia. Tutti, tutti i tormenti della rivoluzione, la tirannide triumvirale, la anarchia militare, la rapina delle imposte, erano finiti; il Senato ricominciava a tener regolarmente le sue tornate; i consoli, i pretori, gli edili, i questori ripigliavano gli uffici antichi; ricominciava nelle provincie la vicenda dei governatori scelti o sorteggiati tra i consoli e i pretori uscenti. E dopo tante discordie atroci, dopo tanto odio, tante demolizioni, tante distruzioni, l’Italia si ritrovava finalmente concorde almeno nell’ammirare insieme e fervidamente Augusto e l’antica Roma. La guerra d’Azio, la rovina di Antonio, l’immaginario pericolo di Cleopatra, la conquista dell’Egitto, la restaurazione della repubblica; gli strani, quasi incredibili eventi degli ultimi anni avevano risospinti precipitosamente indietro gli spiriti verso le lontane sorgenti della storia nazionale e i piccoli principî del grande impero. Arcaicizzavano tutti ormai, considerando ogni cosa antica, solo perchè antica, come migliore delle cose presenti: e in politica rammaricavano la grande aristocrazia che aveva governato l’impero sino alla guerra di Perseo: e non solo il costume privato, la famiglia, l’esercito, le istituzioni, la tempra degli uomini parevano essersi via via disfatte, corrotte, impicciolite di secolo in secolo; ma perfino gli scrittori classici, Livio Andronico, Pacuvio, Ennio, Plauto e Terenzio erano anteposti agli scrittori, invece tanto più ricchi e più vivi, della generazione di Cesare: e non per accidente ma per deliberato proposito il Senato aveva pochi mesi innanzi voluto riparare i templi di Roma, prima che le vie dell’Italia, pur esse orribilmente guaste dallo scempio che ne avevano fatte le legioni e dall’incuria dei precedenti decenni.

Guglielmo Ferrero